Notizie dalla via Lattea – Poesia n°13
Cede sulla strada
l’ala spezzata di Icaro
e dai nidi di Apollo,
scavati sui tetti del cielo,
scivola via una lacrima,
è quel che del mondo ti
resta sugli occhi.
La mano stanca del sole,
spogliata l’ombra
dal largo volto della vita,
di fame offesa,
muore sul petto,
Il cuore è un pugno di sabbia
lanciato a riva da un bambino,
[dalla bocca corrotta del vento… un soffio]
inutile cade a cercare la pupilla,
strappata, chissà
a quali tramonti,
dall’occhio più profondo
del mare.
Decisa la volontà
avanza
a tagliare il filo spinato steso
dall’universo sui miei piedi,
decisa!
tra le schiumose lingue
delle onde
cedute alla riva,
smarrita, riappare
sull’ordine dell’alta
e della bassa marea.
Resta un uomo:
un esercito di mille spade, affilati i denti
stretti alla gola.
La bocca, un obice scarico
puntato alle tempie…
la lingua,
un maglio muto scagliato
di silenzio sulla schiena.
Resta un uomo
a reggere il proprio cuore
trafitto dalla punta
della sua lancia, vertice
votato troppo in alto
dalle sue braccia stese
solo per abbracciare un cielo
trovato lì …
un po’ per caso.
Ma cos’è
la tua volontà
uomo?
Non è forse un circo
di rabbia spento sul tuo naso?
o forse:
una giostra di note stonate
suonate a peso morto
sulle spalle strette
d’un pagliaccio che mima, storpio,
la sua danza sbilenca sul tuo stomaco
svuotato?
Guarda!
a malapena si regge
sulle dita pestate del mattino
il giorno,
e resta lì,
in equilibrio
fra l’amore e l’intenzione …
a galleggiare le sue ore
in una latrina gonfia
di merda e di piscio.
[…] Potessi io,
anche
solo per un attimo!
restare in equilibrio
sulle mie magre dita,
afferrare le spalle alla notte,
torturarne,
fra le mie unghie sporche,
la scorza dura,
fino ad affondarle nella carne
le mie mani nude,
afferrarne il nervo,
spezzarle le ossa.
In un istante […] solo mio,
le fotterei quelle meschine
tenebre di luce,
e fra le cosce robuste
del mio mattino,
slegato il collo al sole,
quel suo peso lo sopporterei,
senz’altro, lasciandomi cadere, tutto,
fra le braccia del suo nuovo giorno.
Nascoste di temporali
si consumerebbero d’odio le montagne,
i fiumi correrebbero agli oceani
con più forza
a cercarsi un abisso da spogliare.
il cielo,
tremante,
si reggerebbe
in punta di piedi alle sue stelle
e capirebbe
d’essere un nano se spiato
attraverso i miei occhi di gigante …
e lo spazio, ridotto ad un
misero tappetuccio
srotolato di tempo,
si lascerebbe,
zerbino sulla soglia dell’universo,
calpestare dal mio passo.
Ma sulla mia testa
penderebbe di coltelli
anche il più debole dei raggi d’Apollo.
È così che il poeta della via Lattea,
si ferma sulla strada
a mendicare la notte
per restituirle un po’
di quella sua strana paura.
Del giorno gli avanza poco:
piccoli pezzetti di luce,
avanzi di stelle,
lettere e parole licenziate
al vento, ecc. ecc. ecc.
Eccolo! sotto la cenere
fredda della luna,
brucia ogni sua poesia
leccata d’amore …
Lette
-suggerisce alle labbra
troppo chiuse dei passanti
che, sputati gli avanzi
d’un sogno amaro,
fuggono via veloci,
scivolandogli sotto il naso,
lette, dall’anima intende,
immortale si fa ogni verso
legato alle mie vene,
e più non gl’importa,
alle parole,
di marcire nascoste
fra le pieghe della tua carne
già corrotta di noia
e più non gl’importa
di perire
sull’ala piegata di Icaro,
che la mia lingua cede
alla tua schiena.