Poesia n°5
una goccia
che mi cede addosso
la sua forza,
scesa alla fronte
la corona,
d’aghi si ferma
trattenuta dalla mano.
eccoti.
vestita di porpora
sali la scala ripida
della ragione,
m’attraversi, spina dorsale
della memoria, scivoli via.
puntano il fianco gli occhi
a raccogliere di cristo
ogni costola spezzata,
sulle piaghe la tua bocca
è solo un bacio
che stringe la carne
a consolare ogni ferita.
non una preghiera
che fra le mani si consuma,
ma un bacio che si trasformi
libero in qualcosa.
allora non mi resta
che guardarlo
morire il mondo,
vedertelo
crollare intorno
è così bello,
lasciartelo raccogliere,
sapertelo ricostruire
daccapo,
identico,
sulla punta del
tuo indice,
a reggersi di vanità
sul dorso della tua mano
a comparsa di terz’ordine.
ed il giorno ti si apre
vuoto di scena
urna schiusa di cenere
scrollata via
dalle spalle
in un battito leggero,
slegato alle tue ali
gli passi sopra volando.
e quel che al mondo
di te avanza
è la scusa che mi resta
per lasciarti passare
guardandoti
danzarmi addosso.