Poesia n°9

 


sale il vento a scolpire
la faccia dell’acrobata,
ogni nervo,
temprato di coraggio, 
d’acciaio e di gesso,
r-esiste,
ogni muscolo
misura la sua forza
strozzato fra le dita del vento,
le caviglie, arrese alle maree,
cantano il passo.
sulla corda
legata ai polsi dello zenit
regge, intera, l’idea d’equilibro
l’uomo.
un balzo,
oltre la testa calva del mondo,
“oplà!”
a superare, con un bacio,
il sole, slegare il nodo
stretto al collo d’ogni tramonto,
liberare, dalla notte, il nadir.
ma spezzate le ali,
agli uomini,
non resta che la terra,
alzare le mani,
abbassare gli occhi,
voltare le spalle all’infinito
e tornare a scommettere
lo sguardo al cielo,
puntarlo tutto 
inseguendo la breve 
coda della cometa,
fino lasciarsi 
(in un bagliore improvviso)
divorare il cuore
delle stesse fiamme
dell’inferno
che lui fugge,
ardere fino alla fine,
ma solo per incalzare la luce
d’una qualsiasi stella cadente.