Ma gli uomini che al giorno mal sopportano la vista del diavolo, spogliata la maschera di luce sugli occhi, dormono nudi abbracciati alla sua lingua.
Parigi?
di ponti mai attraversati,
di sponde, di pietra, di ferro,
la senna passa sotto le suole.
un arco di nuvole rosse,
teso il filo alla notte,
sui tetti, quasi morto,
riposa acceso di luce.
e i tuoi occhi chiusi
sono perle azzurre cedute alla notte
sulle scale deserte di Montmartre.
Guarda
come giocano
gli uccelli con il vento.
se ne fottono di noi.
salgono alti a disegnare
figure sulle nostre piccole teste,
sulle nostre belle case,
sulle nostre grandi autostrade,
sulle nostre luccicanti automobili.
…
si lasciano cadere come morti
per poi riprendersi, subito, con un
colpo d’ala, soffiando forte il corpo all’aria
per fotterci credendoli schiantarsi al suolo.
…. e noi restiamo lì, per davvero lì,
schiantati al suolo … senza ali …
senza voli … senza vento …
un po’ sorpresi, trascinati via
dalle nostre gambette a piccoli passi
e con gli occhi aperti e stupidi
di stupido stupore.
…
ma gli uccelli questo lo sanno
e se ne fottono di noi.
a voi
che vi nascondete
le labbra
sotto i palmi sporchi
delle vostre mani.
che vi divorate
pancia e stomaco
sulle mie dita,
anelli d’oro,
d’argento le
catene legate al collo,
a voi che vi consumate
sul fianco
della mia vita,
che passate
come carrarmati
sulle mie ossa,
a voi che insistete
fieri sul mio cadavere,
a farvi beffe del mio cuore,
a voi che ostentate
parole gonfie di pace,
con la bocca ancora piena di merda,
a voi che vi nascondete nel vomito
di molti Kissinger …
e che ve ne uscite fuori
dal culo sporco di mille Friedman
a voi … dico NO!
che,
con uno sputo,
tenterò una volta ancora
di spegnere,
con un’oncia di saliva,
l’inferno che avete
acceso sotto i miei piedi.
slego i cingoli
dal cuore molle
avvinto al suo ferro.
lo butto, àncora,
sulla tua strada.
Ad un passo dall’inferno
Strappata la pagina
scarabocchiata del cielo
colano d’inchiostro i pianeti
fra le fessure di ferro di uno scolo.
Le lune,
puttane pallide d’orbite,
gonfie d’amore,
si eleggo… URBI ET ORBI,
a regine della fogna.
La gente
strofina sugli occhi
il bagliore cieco del sole
e scende troppo in fretta
dai palpiti spenti
del proprio cuore,
strappata alla schiena
l’ultima cometa
schiantatasi ad Est,
pochi
si accorgono che da un
raggio polveroso di luce
lo squarcio vomita
qualcosa di simile,
ma non un uomo.
Toccato a terra il piede,
scrolla coi gomiti il pulviscolo
dei mondi
dalle spalle fasciate d’oro.
Prende un passo impettito,
e sotto il laccio della sua cinta
preme forte fra le dita
l’equatore ai poli.
Subito,
con due chiodi,
crocefigge al muro,
già ubriaca d’aceto,
la speranza.
I sordi, dicono di saper sentire,
i ciechi, dicono di saper vedere,
i muti, dicono di saper gridare,
gli stupidi, dicono di saper capire,
gli storpi saltano,
le montagne tremano.
Mai più a nessuno
viene in mente
di riprovare ancora a cavalcare,
ANCHE PER UNA SOLA VOLTA,
sulla cima del proprio cuore.
E lui,
colui che insistono
a chiamare uomo,
sta lì a bella posta
sul piedistallo del mondo,
regge sulle mani l’universo,
legato al nodo
della sua cravatta,
e si atteggia a lacchè
del cielo.
A qualche affamato,
a volte,
dispensa della sua carne l’ostia.
A qualche assetato,
a volte,
dispensa del suo sangue il vino.
E nel giubilo delle sue folle,
si esalta,
invincibile alla morte,
avanza.
io che faccio?
Mi perdo?
Mi ritrovo?
No … non faccio niente,
resto esattamente lo stesso stronzo
che sono sempre stato,
gioco col mio cervello,
slego caviglie e polsi,
mi faccio serio,
sputtanato l’ultimo atto di dolore,
rendo grazie,
poi mi arrendo, definitivamente,
sputando quel che mi resta
del cuore,
e comincio a sperare.
Ma voi, generazioni future,
imparate almeno questo:
la speranza
è una bettola impazzita di dolore,
confortata dallo stesso inferno
che l’uomo nasconde
nel fondo dei suoi pantaloni.
infinito
C’è
che anche se le nuvole
sono di passaggio sotto il cielo,
restano secoli a
galleggiare sulla mia testa.
E la terra,
stretti i suoi pilastri
ai cirri,
schiaccia gli orizzonti
di gelidi lampi
sui versanti estremi
dell’universo,
riducendo l’uomo
in un unico vuoto di prospettive,
ingigantendone
il cranio,
riducendone
a un nulla
il cuore.
[…]
……………………………………..
E mi resta l’anima,
la posso toccare?
Affatto… è solo
un’iperbole di silenzi urlati
alle orecchie d’un sordo.
Ma io so quel che voi
non sapete sapere.
“per esempio?”
io so che,
se dalla pistola di Puškin,
poteva uscire un solo proiettile,
nella sua bocca
un esercito
si preparava alla guerra.
Arenati i cuori
fra confini di sabbia
stabiliti dai loro sogni.
Ancore gli occhi chiusi
incagliati nel sonno.
…………………………….
Poco, eppur si muovono.
Preghiera
Salta giù dall’altare Cristo,
il cuore dalla croce
si scosta a riprendersi il bacio,
un sasso lasciato cadere in un pozzo.
in un vortice di stelle
gli occhi viaggiano deserti di pane e di carta.
lancio i battiti del mio cuore oltre la terra,
ad inseguire orbite lunari accese di sogni.
fra le mani appese al filo steso dal tempo,
restano attaccati solo brandelli di pelle asciutta
di secoli appassiti.
e non basta la profondità dell’anima,
perduta nel labirinto dell’io,
a contenere il giorno che sulla mia carne vuole passare.
Viale della Neva
(dicembre 1989)
Sfioro nei fiocchi
che scendono piano
una danza quasi trasparente
cullata nell’aria.
Poi,
posati su di me,
sciolti,
la pelle sfiora,
come la prima volta
nel mio cuore,
i tuoi occhi.
Risento
le tue labbra,
venire verso me,
posarsi per sempre
sulle mie
…
14 agosto
2018
L’uomo costruisce ponti per attraversare,
fa di questi un’estensione meccanica della sua volontà,
la voglia che insiste nella scoperta d’andare,
il bisogno di passare oltre, di guardare avanti,
slegare sé stesso dai moti stabiliti del tempo,
aprire varchi a far breccia nella corazza dell’infinito.
a t t r a v e r s a
Ma solo l’uomo che costruisce ponti, e ne ha cura,
può attraversare l’infinito, e diventare Dio,
diversamente non attraversa affatto,
diversamente i ponti crollano.
Così l’uomo si ferma di fronte al nulla, ma suppone d’andare,
crede di elevarsi al cielo, ma striscia per terra,
è un verme che scava e si nasconde in un buco,
un pidocchio che, appeso alle setole del suo porco,
si convince, guerriero invincibile, di dominare il mondo a cavallo del cielo.
Cronache
Un milione di poeti
in marcia sul mio petto.
Un esercito di spade
e stracci,
sulle costole batte
scalzo di lance il tamburo,
con la lingua
regge i miei fianchi
leccati di neve.
Arrovellate
le bocche di cantici
e parole …
uno schiocco!
spezzata l’aria,
in un concerto di polvere
e d’ali …
d’improvviso
vola via!
…………………
Le rughe, che
di sete, mordono
la fronte,
di sudore insistono
sulla faccia per
abbracciare
i tuoi occhi,
adulterata
di fame,
d’aceto annegata,
l’ultima lacrima,
piove…
nuda di pelle
sulle porte chiuse dell’inferno.
Resta solo il sole:
un bambino,
che prende sonno sulla testa
arrossata del mondo,
si adagia
piano, sul tuo collo
per ricominciare
di nuovo a sognare.
Liegi
1995
Non succedeva mai,
Liegi,
tagliata in due dalla Mosa,
pestata al grigio fermo del suo
eterno autunno,
si scopriva alle nuvole
sotto ali di corvi
scollate al cielo,
i becchi picchiati
sui tetti come pioggia,
piume,
gli avanzi del giorno
cadevano a coprire
la testa nuda della gente.
……………………………….
C’era chi correva,
al riparo sotto i portici,
e chi che restava
sulla strada apriva l’ombrello.
……………………………….
Perché?
A sud di tutti i soli
La mano scaglia l’arpione di
Queequeg
… trema …
l’aguzza punta,
affilato di vento il suo taglio,
affonda la notte e
penetra la carne fino a vomitare
il fango dell’ultima terra
maciullata di sale.
Il mio corpo,
inciso
di unghie e denti,
è una porta aperta
alle tempeste di mille secoli,
è del tuono
(afferrato al collo)
l’anima mia.
resta abbraccia,
minacciata dall’onda
più alta,
vacilla persino la morte.
Si accendono gli occhi
degli oceani a spiare le stelle,
la lingua scioglie di mare
il sorriso stupido dei pesci.
[…]
Silenzio:
il sole trema alla sua luce …
è l’abisso che preme
il suo vuoto sulla bara nuda
sepolta dalla storia.